Tanti Natali sono trascorsi da quel lontano 2000 quando si è dato avvio a questo Presepe, quando cioè dalla mente e dal cuore del suo ideatore ed artista Paolo prese forma ed espressione. Questa rappresentazione artistica della natività nasce dal suo profondo gusto del bello e del fare bene le cose, innanzitutto perché di fronte alla “Bellezza Assoluta” non si può che realizzare qualcosa che sia degno di accoglierla. Il suo desiderio nasceva lontano nei ricordi dell’infanzia e della giovinezza. Parole paterne che riaffioravano: “Paolo vai a prendere il muschio per preparare il presepio”. Trepidazione, attesa, momenti speciali chini uno accanto all’altro la domenica a costruire insieme, sentimenti di amore trasmessi attraverso emozioni e gesti. L’entusiasmo, allora, si trasforma in inviti, le parole e i sentimenti si tramutano in idee da realizzare e da condividere con un gruppo di amici. Come tutte le nascite è stato preceduto da 9 mesi di “gravidanza” con l’alternarsi di gioie e fatiche, di giorni e a volte di notti trascorse a costruire grandi pareti o piccoli dettagli, e in seguito come per un figlio il prendersene cura di anno in anno. Nel soffermarmi tornano alla mente tanti momenti sereni trascorsi, quando anche le mogli partecipavamo all’allestimento del presepio, sempre sotto la supervisione e successiva approvazione dell’autore. Ricordo l’allegria e la generosità di Luciana che con il suo sorriso o una battuta riusciva ad ammorbidire il cipiglio di Paolo, e addolciva le nostre fatiche portandoci thè e biscotti. La precisione e la cura amorevole di Laura nel realizzare i minuscoli oggetti: cassette, ceste, frutta e verdura, i salami e i formaggi. La gioia di Elisa che nella sua spontaneità di bambina entrava nel presepio per mettere le pecorelle, ma anche il chiacchierio e la serenità di tutte noi radunate lì nella penombra della Chiesa a preparare il luogo per accogliere Gesù. Altre persone si sono inserite nel tempo, adulti, giovani e ragazzi che hanno contribuito, e lo fanno tutt’ora, donando del loro tempo e delle loro capacità per continuare questa opera. Allargo lo sguardo e mi commuovo nel pensare quanto di ognuno di noi e delle nostre storie c’è dentro questo presepe. Ricordo gli anni e gli avvenimenti che hanno accompagnato le nostre vite e quelle della comunità, tanti volti, tanti amici. A volte capita di mettersi davanti a questa opera e pensare:” E’ uguale all’anno scorso!” ma invece per me non è così, perché ogni volta che la guardo c’è la meraviglia e lo stupore del nuovo. Anche se ogni cosa può sembrare la stessa suscita una nuova emozione. In fondo chi può esclamare davanti ad un tramonto mozzafiato:”Lo conoscevo già, l’ho già visto!” E’ impossibile. Bisogna aprire bene gli occhi e il cuore come se fosse la prima volta, ed imparare a fermarsi, sedersi e lasciarsi avvolgere dalla Bellezza e dal Mistero.
Ci troviamo di fronte a questo presepio a contemplare una rappresentazione plastica. Dentro di noi immagino una schiera di sensazioni che evocano sentimenti trascendenti la realtà e portano una gioia nuova nel cuore: la consapevolezza che questa nascita è assoluta, è quella di Cristo! Diventa straordinaria la certezza di questo annuncio e fare il presepio è l’occasione per costruire uno scenario visivo che ci riporta a quel momento prodigioso, unico in cui il Verbo di Dio si è fatto carne privilegiando la semplicità e l’essenzialità. Egli è venuto ad abitare in mezzo a noi in quel tempo, in ogni tempo, anche oggi … Ecco perché abbiamo fermato questo presepe nella nostra amata città: Treviso. Una piazza come tante : vicoli, vecchi muri, scorci perduti tra reale ed immaginario, vociare confuso di umana convivenza. Vecchie stanze dai sapori genuini, lontane dall’agio e dall’abbondanza dei nostri tempi, dove echeggiano rumori di pacato e appassionato lavoro. L’acqua cheta della fontana cattura nostalgie, ammalianti tesori di affetti e segreti, è poi, riversata in giocosi zampilli a ricordarci come dovrebbe essere la vita troppo spesso invece, svilita, abbruttita, espropriata dei suoi valori. Ed è proprio in questi cortili brulicanti di gente semplice ed operosa, incapace di cullare miti e vacue ideologie proprie di un presente ambiguo e programmato, che abbiamo pensato di far posto a Gesù. Volgiamo perciò lo sguardo alle vicende del nostro tempo per coglierne luci ed ombre, con quella sapienza cristiana che va oltre la cronaca, per comprendere la presenza dello Spirito di Dio che fa crescere in noi gli spazi della “ salvezza”. A noi il compito di stare in prima fila, attenti a non perseguire solo le cose di ogni giorno, attenti ad evitare le parole vuote ed il rumore della piazza. Pronti a promuovere, con la forza dello Spirito, “cieli nuovi e terra nuova”.
Fare il presepio in una società come la nostra sempre più fredda ed indifferente sveglia il lato buono che dorme in ogni uomo, riconcilia la famiglia oggi sempre più disgregata, evoca emozioni e gioie intense, aiuta ad insegnare a cogliere la bellezza tra risvolti umani ed artistici. Ricordo quando cominciammo con entusiasmo a trovarci per gettare le basi di quest’opera, nel capanno fuori casa di Paolo. Sorrido ripensando con nostalgia a come il lavoro febbrile e i discorsi appassionati mitigavano il gelo pungente che filtrava impetuoso tra le fessure delle pareti di tavole; a volte ,talmente rigido che il tepore di una piccola stufetta compensava a malapena. Incuranti di tutto ciò, vedevamo con soddisfazione il nostro lavoro crescere. Le facciate dei palazzi di S .Leonardo e l’Oca bianca con le loro balconate, sormontate da eleganti bifore e trifore, i barbacani di via Tolpada, le tegole dei tetti su cui svettano i ballatoi. Tutto fedele alla realtà con una ricostruzione appropriata, particolareggiata e in scala. Per i personaggi abbiamo lasciato le statue commerciali, pensando però di dare un senso con altre fatte a tema e inserite in un contesto storico ambientato al primo Novecento. Di conseguenza è venuta progressivamente la necessità di sostituire le figure con più sequenze sceniche legate a quell’ambientazione. Il falegname :” El marangon” che storicamente aveva bottega in vicolo Rinaldi, il ragazzo felice ciabatta dopo una pesca fruttuosa. Ed ecco che nasce il quadro della Sacra Famiglia:Giuseppe e Maria, un bambino, una famiglia unita, esperienza di vita affettiva, di calore umano e divino, dalla quale si sprigiona tenerezza e abbandono fiducioso. Una Maria affaticata dal parto e dal lungo viaggio, adagiata tra i portici rurali, accetta un piatto offerto da una popolana venuta a trovarli. Giuseppe discorre e contemporaneamente prende in braccio Gesù che nel frattempo inquieto si era messo a piangere. Questo è il ponte per avvicinare la gestualità serena e genuina della famiglia per eccellenza di 2000 anni fa alla quotidianità delle nostre famiglie. Quelle sedie vicino a loro, quasi fuori posto lontane da una tavola imbandita, sembrano un umile e pressante invito ad ognuno di noi, sposi, famiglia, a prendervi posto per contemplare e entrare in confidenza, per riconoscerli e imitarli. Riscoprire così il valore delle cose semplici, il valore dell’essenziale, il valore del silenzio, il valore della pace, il valore della gioia, il valore della tenerezza.
Il presepio diventa significativo nella sua espressione artistica tra le mani di chi esprime le proprie doti naturali, nella cura realistica dei personaggi, dell’ambiente e nella melodia che accompagna lo scenario insieme ai preziosi giochi di luce. Da ricordare che l’oggettistica presente è tutta fatta a mano in legno massello ricavando i modelli da documentazioni fotografiche del tempo o da proprietà dello stesso autore. L’ultima ricostruzione visibile quest’anno rappresenta un altro scorcio caro ai trevigiani tratto da una immagine fotografica che ritrae l’ambientazione a cavallo tra le due guerre. Tutto questo per noi vuol dire fare Presepio, è fatto di sacrificio, di paziente lavoro, di lunghe nottate, di amicizia, di stanchezze, di confidenze, di progetti, di allegria, di certezze di fare qualcosa di unico. Tutto questo per la gioia di chi guarda, per risvegliare ricordi, per la curiosità di un bambino, per un paio di occhi lucidi. Il che non è poco: il bello è l’introduzione al buono.
“Se la Terra vorrà avere ancora uomini liberi, se vorrà avere uomini che sentono la fraternità, bisogna che non dimentichiamo la strada del presepio.“
Don Primo Mazzolari
La prima volta avevamo finito molto tardi (forse era già il 24 dicembre) e, abbastanza stanchi, stavamo andando via, quando, il nostro artista Paolo, disse: “Manca qualcosa!”… Si mise così a cavallo del banco e in pochi minuti dipinse con il rosso la testa del Cristo sopra la porta sulla sinistra del portico… quale immenso dono è poter raffigurare il Cristo con la semplicità di chi lo porta dentro il suo cuore!
I bambini, quando vedono questo presepe, sono sempre pieni di domande:
- Dov’è il gallo che canta al sorgere del sole?
- Perché Gesù bambino è in braccio a San Giuseppe?
- Come fa la fontana ad avere sempre acqua?
- Che cosa c’è dietro a quel portone chiuso?
Ecco, quest’ultima domanda più volte ripetuta dai ragazzi delle diverse scolaresche in visita costrinse Paolo a costruire un piccolo borgo e ad aprire così quel portone che suscitava tanta curiosità. È una costruzione attenta alle domande che nel cuore di chi guarda possono trovare delle risposte. Devi solo avere la pazienza di fermarti davanti a queste opere e meditare: “Riesco davvero a vedere la realtà con occhi nuovi e curiosi?”
Una volta una volta durante l’orario di visita del presepe una signora “diversamente giovane” guardando il molino a fianco di Vicolo Rinaldi esclamò: “Li abitava mia zia che faceva la mugnaia a San Francesco”… evidentemente la riproduzione è fedele all’originale! E pensate… per questo presepe non è stato usato nessun pezzo di polistirolo. Tutto quello che vedete è legno lavorato alla ricerca di una paziente armonia nelle sue forme e nella somiglianza con la realtà. La pazienza, virtù dei forti, diviene una costante in chi vuole essere fedele alla realtà della vita…